PROGETTO

Il lavoro digitale delle/dei migranti

Nel contesto italiano

Il lavoro digitale dei migranti (MiDi Work) è un progetto di ricerca che mira a esplorare il lavoro migrante all’interno della gig economy attraverso un approccio che combina casi di studio innovativi, dialogo interdisciplinare e comparazioni critiche tra diversi contesti regionali e nazionali. Concentrandosi su mansioni e settori lavorativi a basso reddito – come agricoltura, consegna del cibo, lavoro domestico e manutenzione a domicilio – il principale obiettivo del progetto è comprendere come i migranti accedono al lavoro sulle piattaforme e come lo incorporano nella loro quotidianità lavorative e nelle loro traiettorie esistenziali.

 

In modo più specifico, MiDi Work esamina il ruolo di intermediazione svolto dalle piattaforme per comprendere se e in che modo i processi di platformizzazione:

  1. influenzano le varie dimensioni del lavoro e le pratiche lavorative;
  2. contribuiscono alla creazione di forme digitali di caporalato;
  3. influenzano le traiettorie dei migranti in arrivo in Italia;
  4. condizionano la sfera intima e le vite quotidiane dei lavoratori;
  5. incoraggiano o inibiscono l’agency dei lavoratori;
  6. favoriscono o contrastano l’azione collettiva di rivendicazione di migliori condizioni lavorative.

 

Studi precedenti mostrano come le piattaforme del lavoro su richiesta stiano diventando cruciali nell’economia politica della migrazione, poiché mediano la mobilità dei migranti e coinvolgono segmenti del mercato del lavoro a basso salario, spesso occupati da migranti. In tal senso, il progetto offre un cruciale sguardo conoscitivo sul posizionamento dei lavoratori migranti all’interno della platformizzazione del lavoro, un ambito ancora poco esplorato.

4 UNITÀ DI RICERCA

MESSINA, VENEZIA,MILANO-STATALE, MILANO-BICOCCA

MiDi Work è composto da quattro Unità di ricerca (UR) che esplorano quattro settori occupazionali differenti:

  • UNIME: le piattaforme del settore agricolo e il lavoro dei braccianti migranti;
  • UNIVE: le piattaforme di consegna del cibo e il lavoro dei rider e dei runners/walkers migranti a Venezia (a piedi o in bicicletta);
  • UNIMI: le piattaforme del lavoro domestico e il lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori migranti addette alle pulizie a Milano;
  • UNIMIB: le piattaforme per i lavori domestici e i lavori dei tasker migranti a Milano.

 

Il gruppo di ricerca adotta un approccio comparativo tra i diversi contesti, offrendo un’analisi territoriale delle piattaforme e del loro utilizzo in Italia. Il team condivide inoltre una prospettiva intersezionale, che esplora la produzione delle disuguaglianze all’intersezione di relazioni di potere basate su genere, nazionalità, classe, età, sessualità, religione e traiettorie migratorie. Dal punto di vista metodologico, il progetto impiega metodi qualitativi basati su: etnografia digitale all’interno dei social network, chat, gruppi social e applicazioni digitali utilizzate dai lavoratori migranti a chiamata; interviste semi-strutturate con informatori chiave come reclutato e manager; e interviste approfondite con lavoratori migranti delle piattaforme. Inoltre, il progetto fa ampio uso di tecniche di ricerca come l’osservazione partecipante, conversazioni informali, shadowing, etnografia di strada.


Adottando una prospettiva interdisciplinare, MiDi Work promuove il dialogo tra Sociologia e Antropologia.

Messina

L’unità di Messina – capofila del progetto MiDi Work – ha esplorato il ruolo delle piattaforme nel settore agricolo siciliano mediante un lavoro di ricerca qualitativa in alcuni distretti agricoli e in specifici contesti di immigrazione (Valledolmo, Palermo, Campobello di Mazara, Messina, Ragusa, Mineo). In particolare, il team di ricerca messinese si è concentrato sull’investigazione dell’organizzazione della forza lavoro migrante all’interno di piattaforme di lavoro istituzionali e private in Sicilia (Et-Labora, Centri per l’impiego e Migrants.WORK), delle traiettorie migratorie dei lavoratori, delle politiche migratorie italiane (decreti flussi, nulla osta per lavori stagionali, corridoi lavorativi) e degli intermediari transnazionali.

Insieme all’analisi delle piattaforme siciliane, il team ha previsto lo studio (mediante interviste in profondità e semi-strutturate) di due piattaforme attive nel Nord Italia (Humus Job e AgriJobs) dedicate all’incrocio di domanda e offerta nel settore agricolo; e una digital ethnography nello spazio digitale dei social network e dei marketplace online.

Le risultanze etnografiche e i dati raccolti in questo ambito hanno messo il luce “l’incompletezza” delle piattaforme utilizzate nel settore agricolo, laddove esse si limitano a funzionare come delle bacheche per gli annunci di lavoro, senza tuttavia impiegare la logica dell’algoritmo, tipica degli altri settori del lavoro indagati dal progetto. L’unicità del caso indagato consiste nell’esistenza di “piattaforme senza lavoratori”. Ciò si deve alla tipologia del lavoro, alle relazioni economiche presenti in questo settore – quasi sempre informali – e al grado di invisibilizzazione dei braccianti migranti.

Il team ha quindi diretto la propria attenzione anche sul funzionamento delle forme di intermediazione lavorativa transnazionali, mediate dalle politiche migratorie e, in taluni casi, filtrate da piattaforme istituzionali e del privato sociale. Relativamente alle forme di agency (individuale o collettiva) e alle pratiche di resistenza, i dati e il materiale etnografico hanno rivelato un uso tattico del digitale da parte dei braccianti e degli organismi sindacali, i quali fanno fronte all’isolamento e allo sfruttamento impiegando a proprio vantaggio il sistema della geo-localizzazione, i social network e le app di messaggistica finalizzati allo scambio di informazioni e al mantenimento dei contatti.

Cavallo bardato a festa traina un carretto tra le serre del vittoriese (RG)

Mappa dell'area di copertura del servizio di food delivery nell'area metropo-litana di Venezia, su base cartografica digitale

Venezia

L’unità di Venezia ha analizzato il lavoro mediato da piattaforma nel settore del food delivery nei territori di Mestre e Marghera, nella città metropolitana di Venezia. Questi contesti, caratterizzati da una significativa presenza di comunità immigrate e da economie locali legate alla cantieristica navale e al turismo, costituiscono un osservatorio privilegiato per indagare le intersezioni tra piattaformizzazione del lavoro e traiettorie migratorie. La ricerca, condotta attraverso un approccio qualitativo che combina etnografia urbana e digitale, interviste in profondità e osservazione partecipante, ha permesso di esaminare condizioni lavorative, dinamiche di mobilità e impatti sulla vita quotidiana dei rider. I risultati evidenziano come il lavoro su piattaforma generi un mercato del lavoro frammentato, contraddistinto da precarietà crescente, bassi salari, alto turnover ed estensione indefinita della giornata lavorativa. All’immagine di autonomia e flessibilità promossa dalle piattaforme, le testimonianze dei lavoratori contrappongono esperienze di subordinazione algoritmica, costi significativi a loro carico e scarsissime tutele sociali. Parallelamente, il food delivery si configura come una “infrastruttura d’arrivo” per i lavoratori immigrati, facilitando l’accesso al reddito, pur riproducendo diseguaglianze internazionali. Infine, la ricerca mette in luce pratiche di agency individuale e collettiva, il ruolo delle reti comunitarie, delle associazioni e dei sindacati, mostrando come il lavoro migrante sia oggi un elemento centrale nella ridefinizione della morfologia del lavoro urbano.

Milano Statale

All’interno del progetto MiDi Work, l’Unità di ricerca dell’Università degli Studi di Milano ha indagato i processi di piattaformizzazione del lavoro domestico e in particolare delle pulizie. Gli studi critici sulla gig economy hanno evidenziato come le piattaforme digitali producano nuovi meccanismi di invisibilità e sfruttamento, in particolare tra le lavoratrici migranti. Nell’intento di contribuire a questo dibattito, abbiamo adottato un approccio intersezionale, che ha consentito al contempo di analizzare sia le forme di oppressione che di resistenza, allargando lo sguardo dalle sole condizioni di lavoro alla dimensione della vita quotidiana.  In termini empirici, la ricerca si è basata su uno studio di caso qualitativo condotto tra settembre 2023 e maggio 2025 nella città di Milano. In particolare, Sono state condotte interviste con rappresentanti sindacali, associazioni di persone migranti, manager di piattaforma, nonché lavoratrici e lavoratori che svolgono lavori domestici attraverso l’intermediazione di piattaforme digitali. Lo studio ha messo in luce sia la produzione di gerarchie sociali e di forme inedite di sfruttamento dovute alla piattaformizzazione, sia la capacità di lavoratrici e lavoratori di costruire una serie di strategie di resistenza, sia individuali che collettive.

Domande di profilazione presenti nella schermata di registrazione di una piattaforma di intermediazione del lavoro domestico

Schermata di accesso alla piattaforma Taskrabbit

Milano Bicocca

La ricerca condotta dall’unità UNIMIB analizza l’esperienza dei lavoratori migranti attivi su TaskRabbit, una piattaforma della gig economy diffusa soprattutto nel montaggio di mobili Ikea. La ricerca, condotta tra marzo 2024 e giugno 2025, ha previsto 17 interviste in profondità, 30 conversazioni informali, due focus group e l’analisi di etnografie digitali su app e social network. Questo approccio ha permesso di superare la scarsa diffusione locale della piattaforma, ampliando il campione a taskers italiani e stranieri, clienti e sindacalisti.

I risultati mostrano come la retorica della flessibilità e dell’autoimprenditorialità nasconda precarietà, frammentazione contrattuale e assenza di tutele. Gli algoritmi determinano gerarchie reputazionali, favorendo chi accumula più incarichi e penalizzando i migranti o i profili percepiti come marginali. A queste disuguaglianze si sommano discriminazioni interpersonali, con episodi di razzismo e svalutazione delle competenze.

La segmentazione dei servizi, la moderazione degli spazi digitali e l’assenza dei sindacati ostacolano l’organizzazione collettiva. Tuttavia, emergono forme di agency: reti informali di supporto, collaborazioni con lavoratori italiani e un uso tattico della piattaforma per acquisire clienti da gestire al di fuori dell’app. In conclusione, TaskRabbit rappresenta un laboratorio della nuova economia digitale, in cui precarietà e marginalità coesistono con strategie quotidiane di resistenza e riappropriazione del lavoro.